Internet delle cose, troppi dati danno troppo potere: ecco i rischi per la concorrenza

da agendadigitale.eu

di Antonio Vetrò, Direttore della Ricerca del Centro Nexa su Internet & Società e Francesco Ruggiero, Responsabile della Comunicazione del Centro Nexa su Internet & Società

Nel mercato Iot sono presenti pochi grandi gruppi aziendali che operano dentro una moltitudine di mercati e una grossa parte della competizione avviene esclusivamente tra loro. Le piccole e medie imprese sono dunque confinate in una coda della domanda

I numeri che descrivono la crescita dell’internet delle cose (IoT) sono emblematici: la stima varia da 10 a 100 miliardi entro il 2020 e i siti www.thingful.net e www.shodan.io ne consegnano un’efficace rappresentazione plastica allo stato dell’arte.

La dualità della tecnologia è ben evidenziata da Massimiliano Nuccio dell’università di Torino nel suo intervento durante l’ottava Conferenza Annuale del Centro Nexa su Internet & Società sul tema “Internet delle Cose: Inferno o Paradiso?”. Si è soffermato sugli aspetti economici dell’IoT, presentando due visioni contrapposte. La visione positiva poggia le sue fondamenta sul fatto che Internet abbia abbassato i costi di transizione e ricerca, e facilitato il rapporto tra offerta e domanda. L’esito è un mercato dinamico in cui la reputazione o il brand godono di minore importanza rispetto al passato, a vantaggio delle piccole e medie imprese. La realtà però sembra suggerire una situazione non del tutto positiva, poiché sono presenti pochi grandi gruppi aziendali che operano dentro una moltitudine di mercati e una grossa parte della competizione avviene esclusivamente tra loro, su tipologie di offerte e servizi differenti. Le piccole e medie imprese sono dunque confinate in una coda della domanda (che più lunga è, maggiori sono i guadagni per loro) che è rivolta spesso a nicchie di mercato, con servizi e prodotti altamente configurabili. La visione negativa, in aggiunta, mette in luce ulteriori aspetti, quali le barriere tecnologiche e legali connesse non solo alla raccolta dei dati ma anche alla loro trasformazione e analisi; barriere che andrebbero arginate con l’utilizzo di piattaforme open source e soluzioni multi-homing per i dati, prevenendo così il lock-in tecnologico e  un accesso esclusivo  ai dati, con la possibilità per terze parti di usarli.

Il docente Marco Ricolfi  ha analizzato gli effetti sull’occupazione; effetto negativo sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo e che potrebbe essere tra i responsabili di una forma di pauperismo occupazionale, giacché l’attuale stagnazione è a sua volta legata alla dinamica della domanda aggregata, per via del minore bisogno di quantità di lavoro umano per unità di produzione. E l’attuale asimmetria nella redistribuzione del reddito accentuerebbe tale dinamica.

Di conseguenza, è auspicabile e necessario un intervento normativo che corregga queste distorsioni della domanda. Tuttavia su quale piano si dovrebbe intervenire? Soluzioni ex-ante potrebbero infatti essere adottate a diversi livelli: nazionale, europeo (es.: Antitrust), organizzazioni internazionali, infine strutture di governance multi-stakeholder. Ogni livello di intervento presuppone specifici effetti, a seconda  del servizio, del prodotto e del tipo di dati coinvolti. Inoltre, la presa di posizione di organismi internazionali potrebbe rivelarsi indispensabile considerata l’attuale difficoltà di applicazione dei modelli di governance multi-stalkeholder. In questo contesto, emerge la priorità di decentralizzazione della governance della rete Internet, non solo rispetto a soggetti privati – a titolo d’esempio, basti pensare che la maggior parte dei satelliti geo-stazionari, potenziali detentori del controllo delle cose connesse e del relativo flusso dati, sono gestiti da tre sole nazioni (Stati Uniti d’America, Cina e Russia). Con l’esito di trasformare l’ IoT in un sistema che mina la nostra sicurezza (si pensi al caso dei droni e di mezzi militari comandati da remoto): infatti, come sottolineato dal sottoscritto nella mia introduzione alla conferenza, con l’IoT non ci si riferisce solo ai sensori, ma anche agli attuatori. Dal momento che anche i satelliti sono a rischio di manomissione o distruzione, gli scenari infernali dell’ IoT (come questi), potrebbero rivelarsi ancora più drammatici su scala internazionale.

Ricercatori e policy makers, come sottolineato dai docenti Juan Carlos De Martin (co-Direttore del Centro Nexa) e da Claudio Demartini (a capo del Dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino) dovrebbero porre l’attenzione su temi così importanti. C’è stata una crescita esponenziale del cambiamento tecnologico, superiore all’evoluzione della società politica, istituzionale e civile. Questo sfasamento sta generando numerosi problemi, e ci auguriamo che la consapevolezza della sfida faccia in modo di orientarci nella direzione corretta piuttosto che -indicarci quella sbagliata.

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