In informatica uno dei grandi dilemmi è: meglio la compressione dati con perdita o quella senza perdita? Ecco cosa significano e quando utilizzarle
Ideate agli albori dell’informatica, quando la grandezza del disco rigido era di qualche decina di megabyte, le tecniche di compressione dati permettono di risparmiare spazio sull’hard disk modificando la struttura interna dei file multimediali senza alternarne (apparentemente) l’aspetto esterno.
Nel corso degli anni sono state create diverse tecniche di compressione, riconducibili alle due famiglie “lossy” e “lossless“. Ciò ha portato alla nascita di diversi formati file per lo stesso elemento multimediale (JPEG e PNG per le immagini o MP3 e FLAC per le tracce audio, ad esempio), facendo sorgere una sorta di dilemma amletico: meglio la compressione lossy o quella lossless? Come sempre, molto dipende dalle nostre esigenze. Solo analizzando nel dettaglio cosa sia la compressione lossy e la compressione lossless, scoprendo quali sono i punti di forza dell’una e dell’altra tecnica, si potrà capire quale formato immagine o formato audio scegliere.
Cos’è la compressione lossy
Detta anche compressione dati con perdita, la compressione lossy è una tecnica informatica che permette di comprimere determinate tipologie di file (come, ad esempio, le immagini, le tracce audio o i video) perdendo, però, una parte dell’informazione originale. In questo modo è possibile recuperare dello spazio sul disco rigido a patto di accettare una qualità inferiore del file finale.
Gli algoritmi di compressione lossy agiscono sui file multimediali andando a eliminare parte delle informazioni ritenute inutili ai fini della visualizzazione di un’immagine o di un video. Nel corso del processo di compressione, ad esempio, gli algoritmi con perdita andranno a eliminare tutti i suoni poco udibili dall’orecchio umano oppure sostituiranno i pixel di un’immagine con altri di colore “neutro”. Insomma, si andrà ad agire sulle sfumature, ottenendo un file più “omogeneo” e dalla grandezza fortemente ridotta.
La compressione con perdita al momento è usata soprattutto nei servizi streaming, su Internet, per immagini e contenuti multimediali, e su moltissime applicazioni che usiamo tutti i giorni. Una volta compresso il file con questa tecnica non è più possibile recuperare i dati eliminati.
Compressione dati senza perdita
Quando si parla di compressione lossless (letteralmente “senza perdita”) ci si riferisce, invece, a quegli algoritmi che consentono di ridurre la grandezza dei file senza, però, che ci sia perdita di informazioni. Il file originale e il file risultante dal processo di compressione saranno, dunque, identici (sotto il punto di vista visivo, in caso di immagine; sotto il punto di vista sonoro, in caso di traccia audio), ma cambierà la loro “impronta” sul disco rigido.
A differenza degli algoritmi lossy, la compressione senza perdita non eliminerà alcuna informazione, ma consentirà di recuperare ugualmente spazio sull’hard disk con complesse tecniche informatiche. Ciò renderà i file lossless più complessi da “leggere” per il sistema informatico: l’apertura di un’immagine compressa senza perdita richiederà qualche secondo in più rispetto a un’immagine compressa con perdita.
Cosa conviene usare
Come abbiamo detto all’inizio l’uso o meno della compressione dati senza perdita dipende dalle nostre esigenze. Se per esempio vogliamo salvare della musica e non vogliamo occupare troppa memoria sul nostro dispositivo la scelta potrebbe ricadere giustamente su un file di tipo MP3 (compressione dati lossy). Se invece lavoriamo nel campo dell’editing del suono o abbiamo bisogno di una qualità audio superiore allora dovremo usare un file di tipo FLAC (Free Lossless Audio Codec). E lo stesso discorso vale tra JPEG e PNG per le immagini.