da corriere.it
di Martina Pennisi
Spina staccata al portale che ha diffuso la notizia falsa su Gentiloni. Il proprietario della Edinet Ricci Mignani prende le distanze dai contenuti, ma dichiara: «Il commercio è il commercio»
«Se hai un negozio di alimentari e casalinghi in cui vendi coltelli e un cliente uccide una persona con un coltello comprato da te non è che tu hai venduto un’arma». Matteo Ricci Mingani, titolare della società bulgara Edinet, mette le mani avanti. Dichiara di non essere direttore o editore dei contenuti del sito Libero Giornale, che nei giorni scorsi ha diffuso una dichiarazione falsa del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni capace di rimbalzare da e su Facebook 11 mila volte in poche ore, ma conferma di essere coinvolto: «È appoggiato a me, ma non è mio». Il nome dell’imprenditore 48enne di Albenga con un passato in Forza Nuova è emerso da un’indagine degli smascheratori di notizie false Paolo Attivissimo e David Puente.
Ci spieghi, di cosa si occupa la sua società?
«Vendo servizi, spazi Web, pubblicità, realizzo siti per conto terzi e ho creato una struttura cloud che gira su WordPress e permette di gestire alto traffico a basso costo. La sede è a Sofia, dove passo la maggior parte del tempo, ma sono ancora residente in Italia dove c’è la mia famiglia. Ho una quarantina di collaboratori».
Cosa ha a che fare con i siti di notizie?
«Io ne possiedo e gestisco una decina. Altri 200 sono appoggiati ai miei server e alla mia piattaforma. Mi pagano una quota mensile e una provvigione sulla pubblicità».
E fra questi 200 c’è Libero Giornale?
«Sì, ma ripeto non è mio. Conosco chi ha pubblicato e fatto circolare la notizia su Gentiloni, non vuole parlare ma mi ha ricordato che nel disclaimer è chiaramente scritto che il sito è satirico. I miei siti sono Kontrokultura, Teknokultura o Viversani.club e io non pubblico notizie false».
Chi le scrive? E chi decide che sono vere?
«Mi avvalgo del giornalismo partecipativo. Ho tanti ragazzi che scrivono per me e li pago a visita. Per verificare che le notizie siano vere uso la Rete. In alcuni casi non so bene di cosa si parla, su Kontrokultura ad esempio ci occupiamo molto della trasmissione Uomini e donne che io non guardo, ma non credo si possano costruire notizie false su quell’argomento».
E non ha alcun problema a lucrare su siti di notizie false come Libero Giornale? Facebook e Google vogliono contrastare il fenomeno proprio tagliando i fondi a portali di questo tipo
«Il problema non sono tanto le notizie, ma la credulità della gente che condivide senza leggere il contenuto. Io credo che Facebook e Google non faranno niente di concreto, sono i primi a guadagnare da fonti che giocano con titoli d’effetto per ottenere clic. Per quello che riguarda me, il commercio è commercio. Io sono di destra e sulla mia piattaforma ho siti di estrema sinistra. Hanno anche scritto articoli appoggiando il gay pride, io ho lasciato che lo facessero in nome della libertà di stampa. Il commercio è commercio».
Quanto guadagna?
«Non posso dare numeri precisi. Posso dire che la pubblicità online vale il 40 per cento del fatturato della mia azienda. E che la notizia di Gentiloni è stata più condivisa di quanto sia stata cliccata e non avrà portato più di 60 euro a un sito che guadagnerà fra i mille e i 1.500 al mese».
Facebook che contributo dà al traffico?
«Ai miei siti del 30 per cento. Per Libero Giornale e simili siamo oltre il 90 cento: i cloni dei giornali sono penalizzati da Google. In Italia ce ne saranno 5 mila».
Se Facebook interverrà sui domini finirà la pacchia…
«Sì, potrebbe finire l’era della disinformazione».
Sembrerebbe sensibile al tema, torno a stupirmi dei clienti che ha nel portfolio allora
«Mi scusi, se hai un negozio di alimentari e casalinghi in cui vendi coltelli e un cliente uccide una persona con un coltello comprato da te non è che tu hai venduto un arma».
Ci richiama dopo qualche ora: «Volevo avvisarla che ho sospeso il servizio a Libero Giornale e al Fatto Quotidaino. Sicuramente torneranno da qualche altra parte, ma ho preferito prendere le distanze».